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Caro Vincenzo Coluccia, come promesso, rispondo, seppur in ritardo, al tuo post. Lo faccio per tre motivi:
1) perché si tratta di un argomento delicato che merita una risposta attenta non certo “buttata lì” a caso;
2) perché ero in attesa di risposte ufficiali da parte delle istituzioni alle quali ho chiesto un incontro-confronto (e riscontro) in merito;
3) perché LinkedIn, come saprai, non consente messaggi più lunghi di 1.250 battute e visto che non esistono risposte semplici a domande “complesse” ho deciso di trasformare la mia replica al tuo messaggio in un articolo/nota.
Inizio dicendo subito che sicuramente la scienza ha fatto e sta facendo progressi enormi. Non intendo certo soffermarmi, in questa sede, sui benefici/controindicazioni che i farmaci elencano nei loro “bugiardini“. Penso, infatti, che sul piatto della bilancia vada sempre messo e soppesato il rapporto rischio/ beneficio. In ogni caso lascio ai colleghi Medici (dato che, lo ricordiamo, sono loro i prescrittori non certo noi Biologi o i Dietisti, ecc.) la scelta dell’utilizzo di determinati medicinali (previo confronto con il paziente).
Quello invece sul quale vorrei soffermarmi è il ruolo principale svolto dai “professionisti della nutrizione” il cui mestiere viene sovente minato non solo dalla voglia di “scorciatoie” da parte di clienti, pazienti, committenti, atleti o che dir si voglia, disposti a tutto pur di ottenere risultati più celeri ed evidenti, quanto dalla poca informazione e divulgazione nei confronti degli utenti finali.
A loro, infatti, andrebbero insegnati il vero senso di un corretto stile di vita, l’importanza della prevenzione e l’impatto positivo che tutto questo è in grado di apportare su vari fronti. Pensiamo alla salute, al risparmio sociosanitario e soprattutto a quanta meno sofferenza potrebbe esserci non solo per gli ammalati ma anche per i loro familiari.
Sono d’accordo con te circa il fatto che si debba costruire un tavolo di confronto: lo chiedo da mesi, perché fondamentale è l’obiettivo comune. Nel frattempo per non perdermi nel tempo della burocrazia, ho ideato già anni fa e oggi li stiamo portando avanti come Ordine dei Biologi della Lombardia, i progetti Scuola e Tutorship. Si tratta di due iniziative di cui la prima, in particolare, prevede incontri formativi presso istituiti di scuole primarie, secondarie e licei fino alle università (a tutti i livelli, insomma) in merito alla professione del Biologo affrontando tematiche non solo relative alla nostra professione ma anche e soprattutto in materia di prevenzione circa tutti quelli che possono essere catalogati come disturbi alimentari e “cattive abitudini” per quanto concerne l’educazione al “ben mangiare” ma anche in ambito civico.
Il progetto – così come Tutorship, iniziativa nata con l’obiettivo di sostenere i candidati all’esame di Stato per diventare Biologi – sta riscuotendo un enorme successo tanto che non riusciamo quasi più a sopperire alla richiesta degli stessi istituti didattici e per questo abbiamo deciso di formare altri colleghi che siano in grado di supportarci in una proposta che vede coinvolti in prima persona anche i genitori, perché, come amo ricordare sempre, alla fine sono loro che vanno a fare la spesa non certo i ragazzi! Ma c’è di più. Il progetto Scuola infatti è stato esteso e recepito, di buon grado, anche dai presidenti di altre professioni sanitarie: vedi Psicologi, Ostetriche, Pediatri, Farmacisti, Infermieri ecc., con i quali si sta operando e lavorando per sviluppare ed allargare un’iniziativa che, finora ci ha consentito di “formare ed informare” oltre 6.500 alunni e più di 2.500 tra mamme e papà con risultati notevoli sulla consapevolezza di ciascuno circa l’importanza per la salute di determinate scelte alimentari. Insomma: dal supermercato a stili di vita sani e salutari, la strada è stata in gran parte già tracciata!!
Cambiamo argomento.
Dico sempre che seppur tutte le professioni sanitarie sono e si devono basare sulla scienza, molte volte sentiamo parlare di…”esercizio dell’arte medica“, anche se questo concetto potrebbe essere esteso a tutte le professioni sanitarie. Pensiamoci (e qui vorrei provare a fare un ragionamento): cos’è, in buona sostanza, l’arte? Un’interpretazione? Una “visione” particolare? Per capirci, caro Vincenzo: l’opera che tu hai postato sul web (“L’Urlo di Munch“), può piacere o non piacere, può essere interpretata in vari modi, magari anche diversi tra loro e addirittura in contrapposizione con gli scopi e il messaggio che magari l’artista voleva comunicare quando l’ha realizzata. Ciò però non toglie che vi siano dati oggettivi dai quali non si può derogare (i materiali usati, l’epoca e lo stile del dipinto ecc.).
Tornando alla cosiddetta “arte medica”. Mi è capitato di sentire spesso pareri discordanti a proposito di uno stesso professionista (Medico, Biologo, Fisioterapista, ecc.) con persone che dicono che si sono trovate benissimo, che grazie a lui hanno risolto il loro problema e chi, invece, al contrario non ha trovato benefici idonei alle proprie esigenze e non ha ottenuto i risultati desiderati. Insomma: chi si e chi no. Mi chiedo, pertanto: se il “camice bianco” è lo stesso, gli studi fatti sono sempre quelli, se il nostro professionista si basa sempre e solo su “evidenze scientifiche”, cosa ha fatto (o non ha fatto) di male (o di bene) per ottenere un risultato e una valutazione così differenti tra loro? Forse è “l’interpretazione” per così dire…artistica del paziente a prevalere? E’ l’analisi differente dei dati da parte di terzi, proprio come accade quando si ammirano una tela dipinta, una scultura o un capolavoro architettonico?
Per dirla con altre parole: la descrizione oggettiva è basata su elementi già presenti nell’opera. Elementi conosciuti. Ma il secondo tipo di analisi scaturisce da una descrizione soggettiva (cioè personale) che non sempre coincide con quella degli altri. E da qui che vorrei legarmi a quanto da te esposto sul tema della “telemedicina” o, se consenti, della telebiologia (preciso a tutti coloro i quali continuano a scrivere a me ed all’Ordine che ad oggi, ribadisco ad oggi, ai Biologi non è consentita tale pratica online in virtù dell’assenza di un regolamento specifico e delle linee guide aggiornate da parte della FNOB ex ONB).
Il futuro è quello. Non si discute. La direzione è evidente. Succederà, ovvio. La realtà virtuale farà parte del nostro domani inevitabilmente. La domanda che tutti quanti noi dobbiamo tuttavia porci è la seguente: ad oggi siamo in grado di chiedere alla nostra assicurazione se copre o meno l’insorgenza di eventuali problematiche scaturite dall’interpretazione di dati rilevati dagli stessi pazienti? In buona sostanza: quanto sono sicure telemedicina o telebiologia? Che risultati possono darci nell’immediato?
Stiamo pur sempre parlando di un qualcosa che, ad oggi, non è ancora supportata da nessuna scientificità. Proviamo a pensare solo per un momento al grado di scientificità delle prime visite online!! pensiamo, sempre a mo’ di esempio, ad una Bia a distanza, ad un esame plicometrico e antropometrico fatto dal cliente attraverso lo schermo di un pc: in caso di gravi intoppi e di incomprensioni, chi paga?
Fuor di metafora: stiamo pur sempre parlando di prerogative di specialisti delle professioni sanitarie!! Chiediamoci semmai: l’automatismo, l’avvento dell’intelligenza artificiale, l’irruenza del web porteranno alla scomparsa di figure che hanno investito anni e anni di studi? Perché, sì, il rischio è anche quello. Come faremo ad evitare di valutare i pazienti in base ad algoritmi e formule che magari potranno portarci a commettere errori interpretativi anche gravi?
Da qui il mio appello a normare, normare e normare!! Da qui non si scappa.
Come si dice: va tutto bene sino a che non succede nulla! Ma questo per cosa? Chi lavora bene il lavoro ce l’ha, a prescindere dalla modalità, ma in primis bisogna sempre ricordare la nostra Deontologia che ci fa agire in scienza e coscienza (già solo qui si potrebbe aprire un dibattito infinito!
La professione del “Nutrizionista”, parola che ad oggi – non vorrei ripetermi – necessita di normativa (!), deve a mio parere ritrovare la propria dignità nella ricerca e nella formazione, senza farla passare attraverso mode di diete tra le più disparate, magari propinate da pseudo professionisti che per tali si spacciano pur non avendone i titoli e che commettono, di fatto, abuso di professione (pensiamo ai “personal trainer” ed alle tante altre etichette non ben identificate che non possono elaborare piani e che magari si celano dietro parole e frasi ambigue come “consigli alimentari”, “educazione alimentare” ecc.).
A tal proposito, mi preme far sapere come ci si sia mossi, come Ordine professionale, in sintonia con i Nas, con i quali si è già tenuto un primo incontro al tavolo, nel mese di luglio, alla presenza mia e dell’avvocato dell’OBL, Mario Ponari, per far meglio intendere in cosa consista, concretamente, l’abuso della professione nei nostri confronti. Da tempo, infatti i Nuclei Antisofisticazione e salute dell’Arma sono in prima linea nella lotta contro gli abusivi e sono già alla fase diretta dei controlli. Un’azione, la nostra in sintonia con le forze dell’ordine, che si farà via via, sempre più serrata anche in virtù di una collaborazione che come ente di rappresentanza siamo intenzionati a stringere, in maniera ancora più forte, con gli “uomini in divisa” per poter meglio tutelare la nostra professione.
D’altronde è per questo che esistono le leggi e noi tutti, come professionisti (essendo non solo presidente dell’Ordine dei Biologi della Lombardia ma anche un esperto nel campo della Nutrizione), non possiamo girarci dall’altra parte. Dobbiamo, all’opposto, adoperarci ed impegnarci affinché sia costruita una “legge sulla nutrizione“. Non a caso più e più volte ho chiesto, a gran voce, di normare a più livelli tutte queste attività proprio per non lasciar spazio ad abusivismi ed interpretazioni di comodo.
Insomma: se non vogliamo ridurci a trasformare una professione tanto importante per il Sistema Sanitario in…”pillole magiche” per dimagrire, dobbiamo (ri)prendere in mano la situazione. Ma dobbiamo farlo a tutti i livelli e tutti quanti assieme. Occorre infatti che gli Ordini professionali siano uniti e compatti e che si aprano ad un serrato confronto.
Bisogna sedersi ai tavoli tecnici dei Ministeri tramite le nostre Federazioni e i nostri rappresentanti nazionali. E’ questa la strada per uscire dal fango nel quale altrimenti tutti quanti noi rischiamo di impantanarci!!
Dott. Rudy Alexander Rossetto
Presidente Ordine dei Biologi della Lombardia